Per venti interminabili secondi la terra trema e tutto sprofonda! In tanti hanno perduto la vita e chi si è salvato, piange i propri cari, che non ci sono più.
«Signore, non è giusto, perché?», è questa la domanda che per un attimo ha permesso a tutti di innalzare gli occhi al Cielo per chiamare a giudizio il volto di quel Dio che ha permesso tale sciagura, ma dopo pochi istanti di angosciante silenzio, lo sguardo è precipitato sulla terra.
Sembra di percorrere la stessa strada dei due discepoli di Emmaus di cui ci parla l’evangelista Luca: dopo l’evento tragico della croce, essi ritornavano al loro villaggio tristi e delusi per la “fine di Gesù”. Lungo la strada, un viandante si accostò e disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino? […]Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti…» (Lc 24,17.25).
Ogni giorno, noi percorriamo le strade virtuali della televisione o d’internet, consumiamo milioni d’immagini e notizie di violenza, fino al punto, di usare come nostro criterio di scelta il “mi piace” o “non mi piace”. Abbiamo talmente perduto la percezione della realtà, che tranquillamente sosteniamo l’approvazione di leggi che promuovono il male a discapito del bene. Quando l’ingiustizia si fa evidente, riusciamo solo a balbettare qualcosa del genere: “Che colpa ho io? Non dipende da me!”, “che male c’è?”, “tutti fanno così!”, “speriamo che non tocchi a me!”, “la colpa è del sistema”.
C’è stato un tempo in cui la comunità, sia nelle occasioni di gioia sia dinanzi alle sciagure, era capace di stringersi intorno a un Crocifisso per ringraziare o per piangere e pregare insieme per i propri morti. La speranza asciugava le tante lacrime grazie alla certezza della fede nella “comunione dei santi”, nella “remissione dei peccati”, nella “resurrezione della carne”, nella “vita eterna”; forte era il coraggio di ripartire confidando nella Provvidenza di Dio, perché solo Lui ha il potere di trarre dal male un bene più grande.
Oggi abbiamo la presunzione di poter conoscere e controllare tutto, e ci vergogniamo di ammettere che la nostra stessa vita non ci appartiene. I discepoli di Emmaus avevano sperimentato la delusione per le loro illusioni, eppure il misterioso Viandante li ha aiutati a saper leggere nella loro storia le cause della loro tristezza, ecco che ne è scaturita una preghiera meravigliosa: “Resta con noi Signore, perché si fa sera…”.
Se noi abbiamo ancorato la nostra vita solo all’orizzonte materiale, quando accade, qualcosa che sfugge al nostro controllo, non abbiamo altra prospettiva che la disperazione. Eppure, è proprio lungo la strada della tristezza, che il misterioso Viandante si accosta e ci rivolge il salutare rimprovero: “Che discorsi andate facendo? Stolti e tardi di cuore, perché non credete all’amore vero di quel Dio, che « ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna »?” (Gv 3,16-18).
I discepoli di Emmaus, mentre il Viandante spezzava il pane, ne riconobbero il Volto. In fretta tornarono a Gerusalemme, per raccontare l’accaduto e ascoltare le parole degli Apostoli: “Veramente il Signore è Risorto…”.
Dinanzi al terremoto e a tutto ciò che ci fa sentire impotenti, solo la fede in Colui che ha vinto la morte, permette di non cedere alla disperazione, ma anche nella prova il cuore sarà capace di rispondere con il bene al male (cf Rm 12,21).